Qual è il destino dei nostri libri quando noi non ci saremo più? Una vita da libraio di Shaun Bythell risponde in parte a questo quesito del nostro post-mortem. Qualche giorno fa vi avevo anticipato l’uscita di questo romanzo autobiografico made in Scozia con parole che lasciavano sperare in un giudizio positivo, e ora rifaccio capolino sul blog per segnalare che sì, questo romanzo s’ha da leggere!
Titolo: Una vita da libraio
Autore: Shaun Bythell
Genere: autobiografico/humor
Editore: Einaudi
Pagine: 384
Si può avere una vita avventurosa anche seduti su uno sgabello. Una storia incantevole per chi crede che un libro sia per sempre.
«Stavo uscendo dalla cucina con la mia tazza di tè quando un tizio in giacca da lavoro e pantaloni di poliestere una spanna piú corti del normale mi è rovinato addosso e me l’ha quasi fatta cadere. – È mai morto nessuno qui? – mi ha chiesto poi. – Nessuno ci ha ancora lasciato le penne cadendo da una scaletta? – Non ancora, – gli ho risposto, – ma speravo proprio che oggi fosse il gran giorno».
Un paesino di provincia sulla costa scozzese e una deliziosa libreria dell’usato. Centomila volumi spalmati su oltre un chilometro e mezzo di scaffali, in un susseguirsi di stanze e stanze zeppe di erudizione, sogni e avventure. Un paradiso per gli amanti dei libri? Be’, più o meno… Dal cliente che entra per complimentarsi dell’esposizione in vetrina, senza accorgersi che le pentole servono a raccogliere la perdita d’acqua dal tetto, alla vecchietta che chiama periodicamente chiedendo i titoli piú assurdi, alle mille, tenere vicende di quanti decidono di disfarsi dei libri di una vita. The Book Shop, la libreria che Shaun Bythell contro ogni buonsenso ha deciso di prendere in gestione, è diventata un crocevia di storie e il cuore di Wigtown, villaggio scozzese di poche anime. Con puntuta ironia, Shaun racconta i battibecchi quotidiani con la sua unica impiegata perennemente in tuta da sci, e le battaglie, tutte perse, contro Amazon. La sua è l’esistenza dolce e amara di un libraio che non intende mollare. Con l’anticipo dell’edizione italiana, Shaun sta finalmente ricostruendo il tetto della sua libreria.
Una vita da libraio: la recensione
Wigtown, paesino scozzese che conta meno di mille abitanti, si è guadagnato il titolo di “città del libro” per la sua concentrazione di librerie sul territorio. È proprio una di queste librerie, The Book Shop, che è stata rilevata dal nostro ginger Shaun Bythell nel 2001, quando il feroce monopolio di Amazon non era che uno sbuffo di vapore profumato in lontananza.
Shaun è un libraio che traffica nel mercato di seconda mano. Dopo un decennio trascorso a lanciare anatemi ai clienti insolenti e ai volti più anonimi del colosso dalla A alla Z, decide, in una data totalmente arbitraria quale il 5 febbraio, di tenere un diario delle (dis)avventure che aggiungono il sale alle sue giornate lavorative.
Una vita da libraio viene così alla luce in una tipica giornata invernale in libreria: fredda, uggiosa e scandita da una sparuta clientela. Si verrà subito a sapere, infatti, che gestire un negozio di questo tipo è sì un lavoro incantevole, ma cela anche dei lati bui. All’indefessa ricerca di nuovo materiale con cui riempire i buchi negli scaffali si alternano periodi di digiuno forzato del totale giornaliero di cassa che talvolta non supera le 10 sterline.
Non tutto è oro quel che brilla…
Se già la gente è restia a investire tempo e denaro nella lettura dei libri più recenti e inflazionati, lo sarà ancora meno nell’acquisto di merce di seconda mano, a prescindere dalle sue condizioni e dalla sua rarità. Anzi, non si tratta di reticenza ma di vera e propria mancanza di pudore: fra una pagina e l’altra Shaun riporta incontri ravvicinati del terzo tipo in cui potenziali clienti pretendono sconti su libri già scontati, vanificano gli sforzi organizzativi del personale seminando libri a casaccio nel locale, cancellano e sostituiscono i prezzi scritti a matita sulle etichette e si presentano al bancone con tutta la superbia di chi crede che il libraio sia un fessacchiotto sonnacchioso affetto da amnesia che gli venderà un volume del 1800 rilegato in cuoio alla modica cifra di una sterlina e mezzo.
Ma Shaun è ormai impermeabile a queste dimostrazioni di inciviltà e reagisce alle provocazioni come un vero gentiluomo: con risposte al vetriolo e un umorismo irresistibile. Della stessa natura è Nicky, la sua eccentrica assistente in pianta stabile, che nasconde sempre delle sorpresine culinarie sotto la manica (specialmente di venerdì, giorno in cui si palesa in negozio con succulenti manicaretti da lei scovati in supersconto al discount) e delle frecciate argute sotto la lingua.
Questa, una delle tante conversazioni marziane fra Shaun e una non-cliente:
Woman: ‘I was in your shop during the book festival and found a book about old ruined gardens of Scotland in your new books section. Could you tell me what the title is?’
Me: ‘No, I am afraid not. I know the book you’re after and would be happy to sell you a copy, though.’
Woman: ‘Why won’t you tell me the title?’
Me: ‘Because as soon as I do you’ll just go and buy it on Amazon.’
Woman: ‘No, I’ll send my mother round to pick it up from you.’
Me: ‘Oh good, in that case can I take your credit card details and your mother’s name? I’ll put it to one side once you’ve paid for it.’
At this point she hung up.
… è platino!
A dispetto della maleducazione e della cinghia da tirare, però, Shaun non demorde. Niente, per lui, è secondo alla scarica di adrenalina che suscita il ritrovamento fortuito di un volume raro fra migliaia di contenitori di carta straccia. Il negozio è infatti solo metà del suo lavoro: col suo furgoncino scorrazza di paese in paese rispondendo agli appelli di persone che, per un motivo o per l’altro (lutto in famiglia, mancanza di spazio, trasloco, necessità di denaro…), si rivolgono al suo servizio per sgombrare quintali e quintali di libri. Le collezioni di cui bisogna disfarsi sono le più disparate: si va da libri conservati come reliquie a raccolte seppellite da diversi strati di peli di gatto, da repertori di teologia, difficilmente vendibili, a cataste di volumi sui treni e i sistemi ferroviari. Sorprendentemente, la compravendita di questi ultimi è una delle più floride e remunerative per il negozio.
Grazie al carattere autobiografico del romanzo, per noi lettori si sprecano i riferimenti al mondo reale, come le recensioni del negozio su TripAdvisor. Non mancano, inoltre, chicche quali il sito web della libreria, la pagina Facebook e il canale di YouTube dell’autore.
La condanna ad Amazon
Da innocua strisciolina di fumo a nuvolone pestilenziale. Da umile concorrente a gargantuesco mietitore che falcia tutti i piccoli commercianti sul suo cammino e contribuisce alla loro estinzione.
Dire che tra Shaun e Amazon non scorre buon sangue è un eufemismo: Shaun odia Amazon. Lo odia perché può permettersi di giocare al ribasso, lo odia perché la vendita di libri al dettaglio non sbanca il lunario e i guadagni vanno integrati con le vendite via internet. Shaun odia così tanto l’azienda di Bezos da aver affisso in negozio, a mo’ di oggetto coreografico, un Kindle che lui stesso si è concesso il lusso di trapassare con un proiettile. Con lo stesso orgoglio di un cacciatore che imbalsama un cervo e ne appende il palco di corna sopra la porta del rifugio alpino, Shaun esibisce in bella vista, nel regno dove lui governa sovrano, il simbolo del suo Nemico Giurato: la concorrenza sleale di Amazon.
Ripetitivo ma trascinante
L’unica critica che mi sento di muovere punta il dito contro l’eccessiva lunghezza del romanzo: Nicky che timbra il cartellino in ritardo di un quarto d’ora, le condizioni meteorologiche del cielo sopra Wigtown, gli ospiti del negozio, le toccate e fuga per una pinta al pub… è con questo ritmo che Shaun si barcamena giorno dopo giorno, un viver quotidiano che viene talvolta interrotto da ristrutturazioni, gatti randagi che si intrufolano in casa, passeggiate in natura e weekend trascorsi ad attendere un salmone all’amo.
A circa 3/4 del percorso, insomma, ho trovato il romanzo un po’ ripetitivo. Ciò non toglie che l’epilogo porti con sé un senso di completezza: varchiamo l’ingresso di The Book Shop il 5 febbraio e ci congediamo il 4 febbraio dell’anno successivo. Per 365 giorni viviamo al fianco di Shaun. Abbiamo modo di fare la conoscenza dei suoi amici, del suo gatto, della sua casa. Assorbiamo il suo modo di pensare e l’etica del suo lavoro. Impariamo a stimare le sue iniziative volte a far fronte all’avanzata imperante del commercio digitale. Arriva un punto in cui noi stessi ci sentiamo come a casa nostra, in questa intima atmosfera di scaffali fino al soffitto, e nonostante le doverose potature tiriamo la maniglia verso di noi con più di un tentennamento. Magari qualcuno di voi che leggerà il romanzo si sentirà, come è capitato a me, colto dal desiderio improvviso di stringere la mano di Shaun in prima persona.
Punta di diamante della cronaca di un anno sarà il festival del libro che si tiene a Wigtown nell’ultima settimana di settembre. Allora la libreria si tinge a festa, il dedalo di corridoi si popola di visitatori e la cassa straborda di banconote. L’ultimo alito di vita prima del lungo letargo invernale. Poi, a seguire, di nuovo il disgelo. Vale la pena, per Shaun? Eccome. Questo è il ciclo della sua vita, e da lettrice che non disdegna i libri di seconda mano non posso che augurargli cento di questi anni.
Per concludere
Un acquisto imprescindibile per chi si considera lettore forte o amante dei libri di seconda mano.
La lepisma libraia
Pessimo libro , rimpiango di averlo acquistato . Un monotono e noiosissimo elenco di titoli e citazioni con qualche personaggio che zampetta qua e là tra le pagine .
Non regala al lettore alcuna sensazione o emozione ne’ fa vivere la Scozia . Ecco ,un libro che fa sperimentare il nulla
Ciao lettrice, grazie della tua impressione.
La ripetitività è proprio ciò che è costato al libro un voto parziale. Ho amato il suo sarcasmo, però.
Ho avuto le tue stesse impressioni, ho amato immergermi nella sua vita capendo a fondo come si gestisce una libreria del genere in un luogo anche abbastanza piccolo.
Anche io l’ho trovato un po’ ripetitivo, poteva saltare qualche giornata. Forse l’idea del diario non è la migliore ma allo stesso tempo trasmette la realtà. Le loro giornate sono scandite proprio così, spesso la noia fa parte di queste.
Ottima recensione ☺️