Siete pronti a sellare i vostri draghi e a sorvolare Alagaësia sorprendendo le aquile dall’alto? Sarà in vendita da domani La forchetta, la strega e il drago, lo spin-off del Ciclo dell’Eredità di Christopher Paolini nato con la pubblicazione di Eragon nel 2002. Su le orecchie, dunque, voi che dovete ancora aggiornarvi sugli eventi della quadrilogia principale: proseguendo la lettura di questo articolo, calpesterete un terreno irto di spoiler.
Titolo: La forchetta, la strega e il drago. Racconti da Alagaësia
Autore: Christopher Paolini
Genere: fantasy
Editore: Rizzoli
Pagine: 288
Tre storie ambientate ad Alagaësia, un assaggio della nuova vita di Eragon e un estratto delle memorie di Angela l’erborista. Per tornare a immergersi nell’affascinante e antico mondo del Ciclo dell’Eredità.
È passato un anno da quando Eragon ha lasciato Alagaësia in cerca del luogo perfetto in cui addestrare una nuova generazione di Cavalieri dei Draghi. È alle prese con una lista lunghissima di compiti e doveri: costruire una fortezza a misura di drago, discutere con i fornitori, vegliare le uova dei futuri draghi e tenere a bada i belligeranti Urgali e gli altezzosi Elfi. Poi una visione degli Eldunarí, una visita inaspettata e un’appassionante leggenda degli Urgali gli offrono la distrazione di cui ha tanto bisogno e gli mostrano le cose sotto un’altra prospettiva… Tre storie inedite ambientate ad Alagaësia, un assaggio della nuova vita di Eragon e un estratto dalle memorie di Angela l’erborista – di cui è autrice Angela Paolini, che ha ispirato il personaggio della strega – per tornare a immergersi nell’affascinante e antico mondo del Ciclo dell’Eredità.
La forchetta, la strega e il drago: la recensione
Sfogliata l’ultima pagina di Inheritance, la sottoscritta era una lettrice delusa. Giunta al punto di (s)conclusione de La forchetta, la strega e il drago, la sottoscritta è ancora una lettrice delusa. Più di quanto non fosse già.
La forchetta, la strega e il drago (titolo liberamente ispirato a Il leone, la strega e l’armadio di ben altro calibro di autore) è un frutto strappato prematuramente dal suo albero. Doveva rimediare a tutti i peccati veniali, mortali e immorali dell’ultimo capitolo della serie genitore, ma finisce per ereditarne i difetti e aggiungerne addirittura di nuovi.
Chris, soddisfami una curiosità: qual è il senso di pubblicare una storia incompleta? No, non parlo dell’incompletezza tipica dei romanzi seriali, ma proprio di una storia a cui manca un organo vitale. A nessuno piace leggere di uno spaccato di vita quotidiana cui è stato amputato il finale.
Eragon, spirito ardito e impoltronito
The day had not gone well.
Eragon leaned back in his chair and took a long drink of blackberry mead from the mug by his hand. Sweet warmth blossomed in his throat, and with it memories of summer afternoons spent picking berries in Palancar Valley.
Come leggiamo “Eragon”, è subito nostalgia. Non so voi, ma l’immagine mentale che ho avuto di me sul momento è stata quella di una foca che gorgheggia percuotendosi la pancia con le pinne. Più o meno questa. Ero eccitata come un elettrone fuori orbita.
Poi mi si parla di quanto sia tedioso e gravoso il compito di governatore. Eragon siede a una scrivania sommersa di pergamene e nulla farebbe la sua felicità quanto carbonizzarle con un Brisingr a fil di labbra. Ma non può: i chili persi in muscoli li ha guadagnati in fedeltà al dovere, e il dovere lo tiene inchiodato alba, giorno e tramonto a quella dannata scrivania.
Il suo sentirsi costantemente inadeguato al compito prefissato gli impedisce di rilassarsi, di staccare la sua mente anche solo per dormire sonni tranquilli. Sotto consiglio di Saphira, o dovrei dire sotto la minacciosa traiettoria di uno dei suoi artigli, andrà finalmente a farsi una passeggiata per la fortezza di Arngor e cercherà consulto presso la saggezza dei draghi che furono: le storie che ne trarrà saranno il necessario diversivo per tornare al lavoro con rinnovata serenità.
Ricordate il vento che ci frusta i capelli, i giri della morte su noi stessi, l’aria che fischia attorno alle orecchie, il riverbero del sole su squame lucenti, le ossa che vibrano alla frequenza dei ruggiti del nostro drago? Sì? Ecco: dimenticate tutto.
Della serie: Eragon indossa il colletto bianco e la sella di Saphira marcisce in mansarda.
La forchetta
Gli Eldunarí teletrasportano la coscienza di Eragon in quella indignata della piccola Essie, figlia del locandiere di un insignificante borgo di Alagaësia. Inconsapevole della reale identità del suo interlocutore che siede con lei, e incoraggiata ad aprirsi da una fiducia istintiva nei suoi confronti, intavola con lui una fitta conversazione in cui riversa un fiume di infantili disgrazie. Tornac, o Murtagh che dir si voglia, si lascerà sommergere dalla piena e impartirà alla bambina la lezione più importante della sua vita.
In questo arco temporale, il figlio di Morzan ha l’occasione di stregare una forchetta e distribuire qualche sventola a una masnada di clienti inadempienti. Sgattaiolerà dal retro del locale con in testa un fuoco di fila di domande.
Eragon, sintonizzato sullo stesso canale, assimilerà la paternale a sua volta e si interrogherà sulla prossima mossa del fratellastro: cos’era quella pietra, chi erano quei tizi? Lo stesso farà il lettore, disperso nel buio di una storia inconcludente come un cieco abbandonato dal suo cane sulle zebre della provinciale.
La strega
Strive for wisdom! Or at least a decrease in idiocy.
La strega è Angela, che scrive in prima persona. La sua è una quest quasi disperata: strappare Elva dalle mura della fortezza dov’è rinchiusa per assoldarla e farne la sua nuova apprendista. O per addolcirne, quantomeno, il disprezzo e la sfiducia che nutre nel genere umano tutto. Angela la scaricherà infine tra le braccia già sovraccariche di Eragon, perché, insomma, il guaio l’ha combinato lui e lui deve assumersene la responsabilità.
Un’improvvisa invasione di pagina da parte della guest-writer Angela Paolini, sorella di Christopher a cui è ispirato il personaggio omonimo, finalizzata a ispessire il volume del manoscritto e poco altro. Stravagante come sempre, farneticante come mai. Un raccontino senza capo né coda per stirare giusto un angolo delle labbra verso l’alto.
Il drago
Christopher non è nuovo a ispirazioni non creditate. Non soddisfatto, ai tempi, di aver saccheggiato a piene mani la trama di Star Wars, dirotta ora i propri artigli su elementi dell’universo tolkieniano quali il drago Smaug e Città del Lago.
Un clan di Urgali vive sotto la minaccia costante degli attacchi del drago Vêrmund. Orfana di padre, ucciso dallo stesso drago in una morte rovente e impietosa, Ilgra coverà nel cuore sentimenti di vendetta finché i tempi saranno maturi per passare dai propositi ai fatti. Ma il Kulkaras, sulla cui vetta si attorcigliano le spire del verme immondo nella grottesca imitazione di un nido d’uccello, è ripido e non si lascia addomesticare senza ingaggiare battaglia. Torneranno alla ribalta i Lethrblaka e la potenza primigenia dei lessemi dell’Antica Lingua.
L’unico racconto, dei tre, che possa definirsi completo. È lo stesso Paolini a confessare, sulle battute finali di ringraziamento, di averne atteso per anni la pubblicazione perché a corto di materiale con cui accompagnarlo.
Una riunione forzata
Writing about Eragon and Saphira after so many years was like returning home after a long journey.
Paolini la dice giusta: c’è un che di rassicurante nel rileggere nomi di personaggi che hanno vinto il nostro affetto anni e anni fa (Eragon è uscito 17 anni fa: anche voi sentite qualche ruga ispessirsi in viso? Ditemi di sì). L’istinto è quello di stringersi la mano e di darsi qualche pacca amichevole sulla schiena. Eragon e Saphira rievocano pomeriggi di un’infanzia trascorsa nell’azzurro del cielo, a rincorrere cervi ridotti a punti grigi in un campo sterminato di verde e filari di alberi.
A La forchetta, la strega e il drago manca la sensazione di libertà che contraddistingue la quadrilogia principale. Lo stile, però, è tale e quale ad allora, e non è una fedeltà positiva, perché la produzione breve di un racconto si presta a uno stile spartano e povero di sproloqui. C’è poco margine per caratterizzare e ancora meno per lanciarsi in lunghe descrizioni. È necessario che lo stile sia incisivo, insomma, un aggettivo che tutto descrive fuorché la voce narrante di Christopher. Il risultato si condensa in questo volumetto: racconti che dicono poco in relazione allo spazio occupato. Racconti che non dissetano la gola riarsa dei lettori con domande vecchie di un decennio. Racconti parziali e troncati a metà da una casa editrice con gli occhi a forma di simboli di dollaro.
Questo patchwork di racconti è una bieca mossa commerciale. Non tenete fede al numero di pagine gonfiato da scelte tipografiche per ipovedenti: son quarantamila parole in tutto, con qualche decina di resto. Una cifra vergognosamente bassa.
Per concludere
Perché scrivere un solo spin-off quando ne puoi scrivere tre? Sì, gente, siamo dinnanzi al primo episodio di una progettata trilogia. Memori di Brisingr, aspettiamo pure che il numero lieviti…
La lepisma libraia
Non ci siamo più…racconti stanchi e un po’ ispirati precedentemente da altre narrative
Già… si vede che il conto in banca si stava prosciugando.
Come siete noiosi, vedete un complotto dietro a ogni cosa, è un problema vostro se avevate aspettative che non sono state rispettate.
Le aspettative sono la cosa peggiore che esista, lo dico da appassionato di libri, fumetti e videogiochi.
Questo libro è uno spin-off, leggero, spensierato, senza pretese.
Come tale lo ho preso, forse proprio per questo mi ha soddisfatto, non ho bisogno di una trilogia o un tomo di 600 pagine del mondo di Eragon, mi è bastato tornare a farci un’incursione veloce, magari rileggerò la saga se vorrò impegnarmici.
Anzi, ben vengano altri libricini come questo, di storie brevi e leggere, magari sarebbe carino se i font non fossero della grandezza di un libro per bambini, non perché pensi che sia un affronto, più che altro perché poteva venirne fuori un’edizione compatta e tascabile, e anche perché non mi piace girare pagina ogni 5 secondi ahah
Ciao Leo,
credo sia naturale sviluppare delle aspettative quando un autore ha già dato prova in passato di poter pubblicare libri di qualità. Non si tratta nemmeno di preferire tomi a libriccini: Inheritance si aggiudica anche lui un voto negativo da parte mia perché è più fuffa che trama. 14 euro per me sono il prezzo di un romanzo completo, non di un libriccino senza pretese che non evoca neanche alla lontana le emozioni della saga madre e che si interrompe a metà azione per invogliare all’acquisto futuro. Per giustificare il prezzo si sono abbassati a formattare il testo con un carattere da ipovedenti…