[Recensione] “Nightflyers” di George R.R. Martin

Dobbiamo a Netflix l’imminente uscita, questo 5 febbraio, della traduzione italiana di Nightflyers. Scritta da un ancora semisconosciuto George R.R. Martin e pubblicata nel 1980, questa novella fanta-horror ha infatti ispirato una serie Netflix dall’omonimo titolo. La stessa storia è il frutto di un’ispirazione con intenti ribelli…

Titolo: Nightflyers
Autore: George R.R. Martin
Genere: sci-fi/horror
Editore: Mondadori
Pagine: 161

Quando ormai la terra è sull’orlo del tracollo, l’ultima speranza risiede in una spedizione scientifica la cui missione consiste nell’avvicinare e studiare una misteriosa razza aliena che si spera possa custodire la chiave per la sopravvivenza dell’umanità.

L’unico mezzo in grado di affrontare la spedizione è la Nightflyer, un’astronave completamente automatizzata, controllata da un solo essere umano, il capitano Royd Eris. L’equipaggio però si ritrova a viaggiare su una nave fantasma perché il capitano non si mostra mai se non attraverso il suo ologramma e comunica solo tramite una voce contraffatta.

A rendere la permanenza sulla Nightflyer ancora più inquietante, il sensitivo del gruppo inizia a percepire a bordo una presenza oscura, un’entità pericolosa, incorporea, aliena. Il capitano sostiene di non saperne nulla e, quando qualcosa o qualcuno inizia a uccidere i membri dell’equipaggio, sembra non essere in grado o intenzionato a cercare di arrestare questa scia di sangue. L’unica ad avere la possibilità di fermare questa creatura sanguinaria è Melantha Jhirl, un’umana geneticamente modificata, più forte, intelligente e veloce di tutti gli altri membri dell’equipaggio. Ma per farlo, prima deve riuscire a restare viva…


Nightflyers: la recensione

“I had read an article by a critic around that time that had said, ‘Well, science fiction and horror can never be successfully mixed because they’re opposite… horror is all about emotions and fear and a universe that we cannot pretend to understand, and science fiction is always about rationality and intellect and problems [that] are solvable by application of the human mind. And so you can never have a story that was both.’ And, of course, I took that as a challenge.”

Prima di scrivere Le Cronache del ghiaccio e del fuoco, prima ancora di affiancarsi agli sceneggiatori de Il Trono di spade, George R.R. Martin canalizzava la sua fantasia in storie di fantascienza. Suggerisco In fondo il buio, per esempio, il cui titolo originale, Dying of the Light, si rifà a un verso di una poesia di Dylan Thomas (parole che in tempi più recenti verranno riprese e trasportate sul grande schermo dal film sci-fi Interstellar). È solo nel 1980 che la sua verve creativa tasta l’acqua infida e gelida del genere horror, con la pubblicazione di Nightflyers prima e con l’uscita de Il battello del delirio due anni dopo.

Cos’è cambiato, nel frattempo? Un ignoto si è pronunciato sul carattere antitetico di fantascienza e horror e Martin ha raccolto il guanto soffocando la voce della critica con esso. L’esito della sfida sarà presto sotto ai nostri occhi e fra le nostre mani: un fanta-horror a tinte gore, una combinazione unica che va a incastrarsi nella tavola periodica dei filoni letterari riconosciuti e più rappresentati.


La Compagnia dei Nove decolla a caccia di volcryn

Karoly D’Branin non fa segreto della sua ossessione: per tutta la vita ha alzato gli occhi in su in attesa di una scia cadente dei mitici volcryn. Ma i volcryn vagavano nello spazio millenni prima che Cristo iniziasse a gattonare in Giudea e sono ormai troppo lontani per il potere risolutivo di occhi umani e telescopici. Per colmare le distanze astronomiche e soddisfare il desiderio di un incontro ravvicinato con la razza aliena, D’Branin assolda allora un’eterogenea squadra di otto accademici e affitta il timone della Nightflyer di proprietà del misterioso capitano Royd Eris.

I lettori di Martin più sfegatati ricorderanno volti e nomi già noti da I canti del sogno. A formare la cricca di volontari si annoverano, infatti: Lommie Thorne, donna cibernetica che sa parlare alle macchine; lo xenobiologo Rojan ChristopherisDannel e Lindran, due linguisti; Agatha Marij-Black, la psichica; la xenotech Alys Northwind, d’indole un po’ idrofoba; il sempre nervoso telepata di primo livello Thale Lasamer; la sensuale ed enigmatica Melantha Jhirl, che grazie ai – o a causa dei – prodigi della biotecnologia incarna la forza e l’intelligenza di due esseri umani in un corpo solo.

C’è l’animo avventuroso che condivide l’entusiasmo di D’Branin, c’è invece chi si trattiene e insegue le flebili orme dei volcryn con il compassato interesse di uno studioso. E poi c’è un intero equipaggio che si chiede, con una curiosità che minaccia di evolvere in paranoia, perché il capitano Royd Eris si rifiuti di uscire dalla sua cabina. Perché si lascia sostituire da una proiezione olografica, senza mai esporsi in prima persona? Perché la sua voce viene diffusa solo dagli interfoni?


Le pecore e il lupo insieme nel recinto

Ben presto, le antenne ricevitrici del telepata Thale Lasamer captano uno strano segnale a bordo. È una frequenza mentale che ha il colore rosso del pericolo e che getta l’accademico in uno stato di febbrile agitazione. Sarà la prima avvisaglia della presenza maligna che infesta la nave. Ed è risaputo: non c’è nulla che esasperi l’uomo, che manifesti i suoi istinti peggiori, quanto la convivenza coatta insieme a un ignoto assassino. I confini stretti esacerbano i conflitti.

All’ennesima richiesta al capitano di una conversazione a tu per tu che cade puntualmente nel vuoto, l’equipaggio comincia a meditare l’ammutinamento…


L’horror abbonda, il sci-fi scarseggia

Nightflyers è un horror ben riuscito in cui la psiche è la fonte suprema del terrore. Il dover affrontare un nemico ignoto che preda le sue vittime con un modus operandi del tutto casuale ed erratico riduce la più risoluta delle coscienze a un piatto di uova strapazzate.

Meno studiata e sbozzata a tratti grossolani risulta la cornice della worldbuilding: manca qualsiasi tipo di coordinata spaziale e temporale, del destino dell’umanità si conosce poco o nulla, è solo accennato il bagaglio di vita che ogni personaggio imbarca con sé. D’altronde, non molti autori vantano la tecnica per spremere il meglio da una lunghezza di trentamila parole e Martin riesce comunque a consegnarci un prodotto invecchiato molto bene. Nightflyers sorprende in positivo, invece, per maturità stilistica. Dilaga ormai lo stereotipo dell’esordio scritto coi piedi, ma non è questo il caso.

Le illustrazioni di Palumbo sono una chicca tutta da ammirare.


Per concludere

Il critico ignoto si rimangia le parole. Ricordate, voi lettori, che questo libro è firmato Martin: affezionatevi ai personaggi a vostro rischio e pericolo…

Stellina per recensioni.
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La lepisma libraia

Nightflyers

8

Sviluppo

7.0/10

Stile

10.0/10

Personaggi

7.0/10

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