Avete presente quando fate tardi a un appuntamento perché un capitolo tira l’altro? Avrei dovuto pubblicare questa recensione già un paio di settimane fa, ma ho disatteso l’impegno preso. Se ora potete leggere queste righe, è perché stasera – 19 maggio, giorno di uscita di Falce in Italia – ho ritenuto di dovermi inchiodare alla scrivania e impormi di scrivere.
Mentre lo sguardo continua a slittare all’e-reader nei cui circuiti si nasconde The Toll, terzo e ultimo volume di questa trilogia utopica/distopica dal cui finale mi separa solo qualche decina di pagine, vediamo assieme il primo episodio…
Titolo: Falce (1° di 3)
Autore: Neal Shusterman
Genere: young adult/fantascienza
Editore: Mondadori
Pagine: 360
Un mondo senza fame, senza guerre, senza povertà, senza malattie. Un mondo senza morte. Un mondo in cui l’umanità è riuscita a sconfiggere i suoi incubi peggiori. A occuparsi di tutte le necessità della razza umana è il Thunderhead, un’immensa, onnisciente e onnipotente intelligenza artificiale. Il Thunderhead non sbaglia mai, e soprattutto non ha sentimenti, né rimorsi, né rimpianti.
Quello in cui vivono i due adolescenti Citra Terranova e Rowan Damisch è davvero un mondo perfetto. O così appare. Se nessuno muore più, infatti, tenere la pressione demografica sotto controllo diventa un vincolo ineluttabile. Anche l’efficienza del Thunderhead ha dei limiti e non può provvedere alle esigenze di una popolazione in continua crescita. Per questo ogni anno un certo numero di persone deve essere “spigolato”. In termini meno poetici: ucciso. Il delicato quanto cruciale incarico è affidato alle cosiddette falci, le uniche a poter decidere quali vite devono finire. Quando la Compagnia delle falci decide di reclutare nuovi membri, il Venerando Maestro Faraday sceglie come apprendisti proprio Citra e Rowan. Schietti, coraggiosi, onesti, i due ragazzi non ne vogliono sapere di diventare degli assassini. E questo fa di loro delle falci potenzialmente perfette.
Falce: la recensione
Vorrei che finissero la fame e le guerre nel mondo.
Ero una lepisma piccina piccina – e anche un po’ bugiarda – quando, nei compiti di lingua italiana, mi capitava di dover esprimere sulla pagina il massimo desiderio della mia giovane vita. Pensavo, forse a torto, che un Vorrei pizza tutte le sere o un Vorrei essere un’allenatrice di Pokémon non avrebbero riscosso la stessa approvazione da parte del corpo insegnante.
Nella mente brillante di Neal Shusterman, questo desiderio ingenuo si concretizza in un futuro non troppo lontano dal nostro presente. A una manciata di decenni da adesso, l’umanità esorcizzerà la fame, le guerre, la disuguaglianza e, con esse, la morte. Ove adesso c’è morte certa, in futuro ci sarà la promessa di una vita pressoché infinita. Ove adesso c’è il malgoverno del corruttibile politico arrivista, in futuro arriverà la perfezione della macchina: all’intelligenza artificiale del Thunderhead l’umanità si rivolgerà, come un bambino in preghiera a mani giunte, per sanare quanto di marcio sarà rimasto sul pianeta.
Imagine all the people living life in peace, cantava Lennon. Ed è quello che tutti faranno. Tutti… o quasi.
Una Falce contro il disequilibrio
Con il Thunderhead che da solo accudisce l’intero pianeta con una gestione a 360 gradi, all’umanità di Falce non resta che sedersi in panchina mentre il miracolo della creazione fa lo sporco lavoro al posto suo. Ormai assuefatto alla presenza rassicurante e benevola del Thunderhead che risponde alla più banale esigenza, l’uomo si riscopre neonato e dipende dal supercomputer in tutto e per tutto. O quasi tutto.
C’è un incomodo, infatti, a cui il Thunderhead non può far fronte da solo in un mondo dove chi nasce non muore mai: la sovrappopolazione. In seguito alla catastrofe che ha portato all’abbandono delle colonie sulla Luna e su Marte e spento ogni ulteriore interesse per la corsa allo Spazio, l’umanità è vincolata al suo luogo di nascita. Il Thunderhead è una macchina efficientissima, ma opera sempre e comunque nei limiti di materie prime che, pur rinnovabili, possono servire un numero finito di persone alla volta. Quel numero critico è ora prossimo al raggiungimento: bisogna trovare una soluzione per rallentare la crescita demografica, perché termini come stress ambientale e disequilibrio economico rimangano confinati fra le pagine buie dei libri di Storia.
Bisogna, insomma, che qualcuno si candidi per uccidere, o per maggior finezza spigolare, altri esseri umani. Adesso è il turno del Thunderhead di sedersi fuoricampo e lasciare che siano le falci, assassini legalizzati, a giocare la partita.
Largo a queste giovani falci…
Citra Terranova e Rowan Damisch frequentano la scuola superiore. Non si conoscono, non ancora. Lei è il punto di vista che ci introduce in media res nel romanzo, fra le mura di una casa e le braccia di una famiglia amorevole; lui, uno dei tanti in cerca di uno scopo in un mondo dove la noia scandisce interminabili ore.
Lasciate ogne speranza, voi ch’il libro aprirete: l’incipit in stile Famiglia del Mulino Bianco è presto oscurato da un’ombra inquietante che si staglia sulla porta di casa di Citra e ne suona il campanello.
Citra e Rowan vivono in un futuro dove l’immortalità non è più appannaggio esclusivo di supereroi da fumetto, ma come i giovani d’oggi è forte in loro quel senso di invincibilità che li porta a ritenersi immuni da qualsiasi disgrazia. Quando infatti le loro vite vengono appena sfiorate dal tocco freddo di una falce, senza essere tuttavia bersaglio diretto della sua lama, l’impatto lascia un cratere indelebile nella loro psiche.
Cercasi apprendisti senza esperienza
Ora… quando le circostanze lo richiedono, alle falci è dato permesso di prendere un apprendista sotto la propria egida. Diventare apprendisti di una falce garantisce immunità alla spigolatura per l’apprendista stesso e per la sua famiglia. Se l’apprendista viene confermato, l’immunità diventa a tempo indeterminato e coincide con la durata della vita della falce. Il suo lavoro è infatti per sempre: l’unica via per rassegnare le dimissioni è suicidarsi.
Torniamo a Citra e Rowan: Maestro Faraday li ha reclamati entrambi perché diventino i suoi apprendisti. Nessuno dei due può sottrarsi all’ordine mascherato da invito, nessuno dei due ambisce a un futuro da assassino. D’altronde, solo uno di loro sarò confermato e chi dei due vincerà dovrà spigolare l’altro.
Un lui, una lei… coetanei… pensate già di sapere come va a finire, no…?
No, che non lo sapete!
Ah, l’amour… ma anche no!
Che avrei amato Falce era certo a partire dalla copertina squisitamente essenziale e spartana, che riflette lo stile in cui il romanzo è scritto. Devo dire che scorre molto bene e se anche il contenuto è denso di spunti di riflessione, la voce dell’autore rimane dietro le quinte senza soffocare il lettore con moralismi molesti. Shusterman lascia che siano i personaggi a parlare per lui.
La ricchezza di tematiche di carattere etico è un altro punto a favore del romanzo, perché leva ossigeno a quell’elemento che infesta molti altri libri destinati al pubblico young adult: l’amore che tinge di rosa ogni cosa (quel dendrocidio della serie After, per esempio, o in misura leggermente minore questo romanzo). E che, personalmente, mi fa andare in iperglicemia.
C’è amore, in Falce, come credo abbiate già intuìto, quel tipo d’amore che ignora ogni legge fisica e biologica e sboccia alla velocità della luce. Il colpo di fulmine, insomma. A poco valgono, come deterrente, le raccomandazioni di Maestro Faraday di tenere a bada i bollenti ormoni. Eppure, la relazione tra Citra e Rowan non buca mai la pagina. Non si para a mezzo centimetro dal naso del lettore per dirgli Guarda quanto ci amiamo! e, soprattutto, non diventa il perno attorno al quale ruota il romanzo.
Qualcuno fermi queste giovani falci
C’è fermento, infatti, tra i ranghi delle falci. Le falci più veterane, abituate a uno stile di vita di sobria contemplazione del loro ruolo, guardano di cattivo occhio le reclute recenti che nella sacralità della morte trovano invece l’occasione per gioire e godere del privilegio di usufruire della vita altrui. Non all’amore fra due adolescenti, ma all’etica è rivolta la bussola dell’intreccio.
Falce, e con esso anche i suoi seguiti, è la dimostrazione che si può scrivere letteratura adolescenziale decente quando l’amore viene ritratto non come diva che invade il palco e che mentre si fa i selfie si premura di tagliare tutti gli altri attori dall’inquadratura, ma come formidabile forza motrice che stimola e spinge i personaggi a compiere determinate scelte che hanno risonanza su scala mondiale. Falce dimostra che l’amore young adult può avere un ruolo complementare a una trama di ampio orizzonte. E il risultato è una storia di qualità come poche se ne scorgono nel genere.
Per questo io Shusterman lo ringrazio tantissimo.
Personaggi identificabili
Mentre Maestro Faraday conduce una vita spartana, quanto più lontana dai privilegi concessi alla sua posizione (materiali, soprattutto), c’è Maestro Goddard che, dall’altra parte della staccionata morale, pretende e arraffa come se tutto gli fosse dovuto. Non mancano personaggi che si muovono in una zona meno rigida, come Senocrate che alla sobrietà della propria condotta contrappone la voracità dell’appetito.
Mi ha affascinato il rigore di Maestro Faraday, ho avvertito l’urgenza di Citra e Rowan di volgere le carte a proprio favore. Ancora non ho ben chiara qual è l’emozione che provo nei confronti di Maestro Goddard, divisa tra il volergli levare gli incisivi con un pugno e l’ammirarne il maledetto carisma.
Madame Curie l’abbraccerei, non avessi tema di rimanere infilzata come una porchetta sarda. E Maestro Volta! Maestro Volta… penso a Maestro Volta e vado a rannicchiarmi nell’angolino a piangere sommessamente.
Worldbuilding solida e coerente
Non ho ravvisato buchi di trama o incoerenze nella worldbuilding. L’unica domanda che mi sia posta è stata ampiamente chiarita nel terzo volume, con un bel colpo di scena che conferma la qualità costante di tutta la trilogia.
Ho apprezzato in particolare il messaggio di fondo che il romanzo sembra voler veicolare: a prescindere dai nostri sforzi per avvicinarlo, l’Eden è sempre una spanna al di là del nostro braccio teso. L’umanità si è liberata dalla prospettiva di una vita a scadenza, ma nell’affrancarsi dalla morte ha perduto la scintilla della passione. La vita del futuro è scandita dall’incedere indolente di persone che non hanno più uno scopo se non quello di continuare a esistere a oltranza.
Ci troviamo davvero in un’utopia?
Non c’è più la corsa verso l’emozione, scomparsa è la sensazione di sprecare il presente. L’uomo del futuro guarda quasi con nostalgia a un passato da cui ha voluto a tutti i costi fuggire. Ed è grazie alla passione stessa dell’uomo mortale, alla sua visione di un futuro equo e migliore per tutti, se ora l’umanità si trova a rimpiangere l’età del passato. Insomma: chi è biondo vuole essere moro e viceversa.
Ho trovato azzeccata anche l’idea dell’uomo destinato a essere compromesso dalla brama di potere. Il lavoro delle falci è semplice: non devono che gestire la crescita della popolazione, perché a tutto il resto pensa il Thunderhead onnisciente e incorruttibile. Eppure… eppure, anche tra i più integerrimi, c’è chi prima o poi annusa il profumo dell’oro e si fa venire l’acquolina in bocca. Tocca all’uomo stesso, allora, rimettersi in piedi dopo essere caduto in ginocchio, perché il Thunderhead è irremovibile: la morte è affare degli uomini e degli uomini soltanto.
Per concludere
Nell’appellarsi alla ricerca del palpito d’amore del giovane lettore e all’attrazione che inevitabilmente riscuote un argomento tabù come la morte, Neal Shusterman ha confezionato il romanzo perfetto per il pubblico adolescente, senza per questo alienarsi i lettori più anziani.
La lepisma libraia