Incombenze varie (tra cui l’apertura di un altro sito web, Lingookies, un progetto impegnativo di cui forse parlerò in un prossimo articolo) mi hanno allontanata da questo blog per fin troppo tempo. Ora sono qui, ramazza in una mano e L’orologio di stelle nell’altra, per spazzare via la coltre di polvere che si è depositata su questo spazio.
Gli acari protesteranno per lo sfratto improvviso che gli ho riservato, ma spero che voi lettori apprezzerete questo insperato aggiornamento. Se avete figli in età scolare, soprattutto, confido che insieme all’uovo di Pasqua regalerete loro una copia del libro che andrò a recensire oggi, perché l’ameranno come hanno amato Spiderwick, Narnia e Harry Potter.
Di che cosa parla L’orologio di stelle, in vendita dal 25 marzo? Scopriamolo insieme.
Titolo: L’orologio di stelle
Autrice: Francesca Gibbons
Genere: fantastico
Editore: HarperCollins
Pagine: 350
Imogen potrebbe essere più carina con la sua sorellina Marie. E dovrebbe essere più gentile con il fidanzato della mamma. Soprattutto, non dovrebbe seguire una strana falena argentea dentro un albero… D’altronde, chi fa solo quello che gli viene detto? Di colpo, Imogen e Marie si ritrovano intrappolate in un mondo magico, un regno in cui nessuno si comporta come ci si aspetta e dove al calare della sera appaiono creature sinistre… Le due sorelle desiderano solo una cosa: tornare a casa. Ma per riuscirci, dovranno salvare il viziato Principe Miro e con lui un intero mondo in pericolo. Ad aiutarle, per fortuna, ci saranno un orso ballerino, una coraggiosa cacciatrice… e persino le stelle.
L’orologio di stelle: la recensione
Chi non ha mai litigato col proprio fratello o sorella alzi la mano. Ora abbassino la mano coloro che sono figli unici. I bugiardi che tengono ancora le mani in aria vengano cortesemente avanti per farsele bacchettare.
Imogen e Marie sono sorelle e, come vuole il copione, manifestano il reciproco affetto con zuffe, capricci e battibecchi. All’inizio del romanzo l’undicenne Imogen, prepotente regista di facciamo finta che, veste l’armatura lucente del cavaliere che infilza Marie, relegata alla parte di bavosa lumaca di mare. Guai a suggerire di invertire i ruoli: qualsiasi rimostranza termina in rissa e in una strigliata d’orecchi da parte della mamma.
Così, quando si imbatte, non proprio per caso, in un tronco d’albero che nasconde una porticina al suo interno, Imogen abbassa trepidante la maniglia e tenta qualche passo alla cieca verso quella che crede sarà un’avventura solitaria a cui solo lei, e non la petulante sorellina, è degna di partecipare.
Ma Marie, che l’ha finora tallonata dappresso come un ladro, molto innocentemente si chiude la porticina, e con lei tutto il nostro mondo, alle spalle. La porta, infatti, permette un solo senso d’apertura…
L’altro mondo dall’altro lato della porta
Imogen e Marie poggiano piede sul soffice tappeto di una foresta. In lontananza, tra gli sprazzi di orizzonte lasciati liberi dai tronchi degli alberi, si intravede un grappolo di luci, mentre degli infernali ululati sconquassano la quiete crepuscolare del sottobosco. Non c’è tempo per le bambine di rimpallarsi accuse: i ringhi crescono d’intensità allo stesso ritmo dei loro respiri. In questa foresta dall’altro lato della porta c’è una presenza inquietante che sta per emergere dalle tenebre. L’istinto di sopravvivenza vuole le ragazze in marcia per raggiungere quelle case oltre il bosco, e le vuole in marcia subito.
Sarà l’intervento provvidenziale di Miro, principe orfanello, ad aprir loro la porta di Castel Miroslav e a salvare di fatto la loro vita dagli artigli affilati degli skret.
Yaroslav, città regno dalla doppia faccia
Borgo pacifico di giorno, preda di mostri terribili la notte.
Gli skret danno l’assalto alla cittadella a ogni calare del sole. Uccidono chiunque abbia la malaugurata sorte di trovarsi sul loro cammino, senza discriminanti di età. Nessun abitante di Yaroslav ha mai capito a cosa mirino: non rubano niente, men che meno danneggiano. Leggende del passato narrano di una relazione pacifica tra esseri umani e skret: perché, allora, scavalcano ogni singola notte il muro di cinta della città e si riversano nelle strade di Yaroslav come una mandria impazzita?
Perché re Drakomor, zio di Miro, non bandisce una spedizione sulle montagne per estirpare questi esseri una volta per tutte? Perché le foglie della foresta stanno ingiallendo? Cosa cercano gli skret così affannosamente?
Stessi ingredienti, ma cambia la ricetta
All’appello son dunque presenti tutti i capisaldi del genere fantasy per ragazzi: un passaggio nascosto verso un mondo magico sull’orlo del disastro, esseri malvagi e corrotti che vorrebbero dargli l’ultima spintarella verso il baratro, bambini che compiono atti di eroismo nel tentare di salvarlo.
Grazie ad abili espedienti da parte dell’autrice, però, non si ha affatto l’impressione di aver mangiato della minestra riscaldata. Per una volta tanto, i veri cattivi indossano maschere sorridenti. Per una volta tanto, le linee temporali tra i mondi procedono in parallelo. Questi e altri risvolti discostano il romanzo dai canoni fantasy masticati e rimasticati.
Sebbene per il lettore più smaliziato alcune tendenze della trama possano risultare prevedibili, ne restano altre che invece rivoltano gli archetipi di genere come un calzino.
Morale esplicita, personaggi identificabili
L’orologio di stelle non nasconde i suoi propositi formativi: punta un dito ammonitore contro la cecità indotta dall’ingordigia e rileva una sottile critica nei riguardi di chi si lascia guidare dal pregiudizio e dai facili preconcetti come pretesto per tenere comportamenti scortesi. Insegna a non polarizzare la realtà in bianco e nero.
La Gibbons non si è risparmiata nello sviluppo caratteriale dei suoi personaggi, perché tutti i componenti di questo romanzo sono squisitamente umani e incompleti. A uno manca l’onestà, all’altro il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Al principe Miro manca l’esperienza dell’amicizia e forse un po’ di umiltà, a Imogen e Marie un’avventura in comune che le avvicini e spiani finalmente i loro attriti. L’autrice non si è accontentata nemmeno di lavorare al carattere di un solo personaggio: introduce il lettore a una rosa di anime viziate e nel corso di 350 pagine si impegna a svilupparle tutte.
Capitoli brevi, brevissimi
L’orologio di stelle vuole accostarsi ai lettori in età da scuola media. Il target di lettura gradirà i capitoli brevi e intensi (il totale ammonta a più di 100!) in un romanzo che con le sue 350 pagine è nettamente più lungo della lunghezza media dei libri riservati a questo pubblico. Contribuisce lo stile affilato e niente affatto prolisso a contenere il numero di parole di ogni capitolo. La penna della Gibbons, infatti, mantiene l’attenzione senza sforzo, non spreca inchiostro e sa esattamente quali vocaboli richiamare: perla rara, nella letteratura per ragazzi.
A me che son fuori target, però, questa brevità ha messo sete. Più che a capitoli veri e propri, li si può paragonare a pasticcini grandi quanto noccioline: li inghiotti in un boccone e a malapena cogli una punta di dolce. La trama insomma non progredisce, ma balza.
Worldbuilding appena sufficiente
De L’orologio di stelle lascia a desiderare un po’ anche la worldbuilding, difetto forse imputabile all’attention span di un criceto che caratterizza la fascia d’età a cui il libro si rivolge, per cui le descrizioni si limitano a poche e rozze pennellate di sfondo da affinare con la fantasia. È più di quanto comunque abbia delineato Kiran Millwood Hargrave nel suo libro La ragazza di stelle e inchiostro.
Ci sarà ancora spazio in abbondanza per rimpolpare la worldbuilding negli altri due libri che sono in programma, tuttavia, perché L’orologio di stelle è solo il primo volume di una trilogia. Le illustrazioni a cura di Chris Riddell che impreziosiscono le pagine sono f-a-v-o-l-o-s-e e rattoppano almeno un po’ i vuoti lasciati dalle parole.
Per concludere
Si chiude l’ultima pagina con un senso di compiutezza, ma ci sono troppe domande che attendono risposta. Ad esempio… cos’è quel bell’orologio tutto intagliato che a Castel Miroslav rintocca le ore a orari apparentemente casuali?
La lepisma libraia