[Recensione] “Le ho mai raccontato del vento del Nord” di Daniel Glattauer

Copertina di Le ho mai raccontato del vento del Nord?.

A voler censire l’assortimento di generi letterari della mia libreria, le storie romantiche si conterebbero sulle dita di una mano. Eppure eccomi qui, armata del proposito di recensire Le ho mai raccontato del vento del Nord?, romanzo epistolare dell’era della comunicazione immediata.

L’avvento di internet ha fatto cadere in disuso l’arte e la pazienza di vergare lettere a mano, così il genere epistolare è invecchiato prematuramente, prima di tutti gli altri. Sebbene alla corrispondenza via aerea sia subentrata l’e-mail via server, tuttavia, i principi base dello scambio rimangono inalterati. L’austriaco Daniel Glattauer raccoglie e modernizza questa eredità stantia dei romanzi epistolari d’altri tempi per consegnarci un rapporto sentimentale che si sviluppa davanti a un monitor LCD.

Titolo: Le ho mai raccontato del vento del Nord?
Autore: Daniel Glattauer
Genere: epistolare/romantico
Editore: Feltrinelli
Pagine: 210

Un’e-mail all’indirizzo sbagliato e tra due perfetti sconosciuti scatta la scintilla. Come in una favola moderna, dopo aver superato l’impaccio iniziale, tra Emmi Rothner – 34 anni, sposa e madre irreprensibile dei due figli del marito – e Leo Leike – psicolinguista reduce dall’ennesimo fallimento sentimentale – si instaura un’amicizia giocosa, segnata dalla complicità e da stoccate di ironia reciproca, e destinata ben presto a evolvere in un sentimento ben più potente, che rischia di travolgere entrambi.
Romanzo d’amore epistolare dell’era Internet, Le ho mai raccontato del vento del Nord descrive la nascita di un legame intenso, di una relazione che coppia non è, ma lo diventata virtualmente. Un rapporto di questo tipo potrà mai sopravvivere a un vero incontro?


Le ho mai raccontato del vento del Nord?: la recensione

Oggetto: Disdetta
Vorrei disdire il mio abbonamento. Mi dite, per favore, se questa è la procedura giusta? Distinti saluti, E. Rothner.

Da una “e” di troppo nell’indirizzo e-mail del destinatario nasce il rapporto tra i nostri protagonisti, Emmi e Leo, che ingaggiano fin da subito un fitto botta e risposta a suon di affondi con fioretti imbevuti di sarcasmo. Contate al contagocce sono le informazioni che concedono l’un l’altra riguardo alla vita privata: si scopre che Leo esercita come psicolinguista e che Emmi è “felicemente sposata”, ma permane un velo di mistero sull’aspetto fisico di entrambi, argomento ricorrente nelle loro e-mail.

Scremate dal testo le frecciatine fini a se stesse, infatti, ciò che rimane si riduce a un tira e molla a tensione crescente in cui i due vogliono vedersi e non vedersi: insomma, ci incontriamo o non ci incontriamo? Stracciamo l’immagine idealizzata che abbiamo l’uno dell’altro, frutto della nostra fantasia? E se poi non ci piaciamo? Che ne sarà del nostro rapporto epistolare? Ci lasceremo influenzare dal giudizio dei nostri occhi o saremo in grado di vedere oltre?

Questo tira e molla andrà avanti per pagine e pagine, con buona pace della nostra pazienza, finché, decimato un prato di margherite con la conta degli opposti, Emmi e Leo si accordano, finalmente, per un appuntamento al bar. Ma a una condizione: devono giocare a riconoscersi tra gli altri avventori del locale e fare rapporto via e-mail suggerendo i potenziali candidati che hanno scovato.

Vengono illuminati da un’epifania? Nah. O il punto conclusivo non sarebbe stampato a quota 180 e qualcosa pagine (nella mia edizione). Anche dopo il loro incontro “a locale aperto”, i due continueranno a intrattenere una lunga e ripetitiva corrispondenza in cui, non necessariamente in quest’ordine, si stuzzicano; soffrono i lunghi periodi lontani dalla tastiera; meditano di organizzare un rendez-vous come si conviene a un rapporto tradizionale; brindano ognuno davanti al proprio monitor; si accusano di adulterio; han nostalgia l’uno dell’altra; considerano di incontrarsi ma no, sarà per la prossima volta; si provocano; si indignano; languono per la mancanza dell’interlocutore in trasferta o in vacanza; rilanciano, a intervalli regolari, una proposta di appuntamento che cade puntualmente nel vuoto.

In sostanza, la trama non decolla mai – come i personaggi, del resto, di cui parlerò a breve – rimanendo perennemente in fase di rullaggio. Ristagna, è come un cucchiaino di burro spalmato su una fetta biscottata troppo grossa. A potarla un po’, il libro rifiorisce. E quando (alla buon’ora!) si arriva in vista del traguardo, con un millimetro di spessore a separarci dalla quarta di copertina, vien da chiedersi come sia possibile sviluppare una degna conclusione al romanzo nella decina di pagine rimaste. Ma ecco la sorpresa! Macinati metri su metri di aria fritta, il traguardo ci corre incontro, ci fa lo sgambetto e conclude il romanzo nel migliore dei modi, strappandolo all’insufficienza.


Manipolazione 101

In quanto donna, l’istinto dovrebbe spingermi a parteggiare per Emmi. Invece mi sono ritrovata piuttosto in sintonia con la personalità di Leo, un personaggio forse un po’ piatto, ma quantomeno decente.

Non posso dire, infatti, di aver apprezzato la natura subdola di Emmi, l’archetipo della donna scaltra e manipolatrice. Le responsabilità di marito e figliastri le gravano sul groppone, pur tuttavia trascorre ore a sviscerare e trovare sottintesi in ogni lettera digitata da Leo all’altro capo della linea. Ricama rose e fiori sulla propria situazione matrimoniale per ispirargli invidia e farsi desiderare. A tratti dà perfino l’impressione che stia giocando con lui: insiste perché si incontrino faccia a faccia, dopodiché dirotta il pover’uomo verso la migliore amica, lanciandoglielo quasi fra le braccia, per poi immusonirsi quando Leo e suddetta amica scoprono la sua rete di inganni e le rendono pan per focaccia.

Gli strateghi e i manipolatori sono in genere i miei preferiti nelle opere di fiction (Petyr Baelish, per citare un esempio noto), ma c’è qualcosa in Emmi che soffoca questi tratti che mi piacciono tanto. Trasuda troppo sarcasmo da ogni poro, per dirne una, e non si accontenta mai di avere la penultima parola a costo di suonare pedante con tutte le sue insinuazioni. Il povero Leo, single con un recente fiasco amoroso alle spalle, non è libero di trascorrere una serata fuori casa senza che Emmi, sposata con figli a carico, gli faccia il terzo grado sulla sua uscita. Questa non è scaltrezza: è ossessione, e alla lunga dà sui nervi.


Emmi, sveglia!

Il carteggio si fa più audace man mano che si rincorrono i giorni, le settimane, i mesi, ma guai a nominare l’adulterio. Emmi si illude di stare in una favola, di vivere un vero idillio con un marito che non se l’ha a male se al letto coniugale preferisce la sedia davanti al computer, dove si attarda a chattare con uno sconosciuto fino a notte fonda. Si succedono i giorni, gli scritti una volta tiepidi si fanno roventi. Quando questa passione repressa rompe la colonnina di mercurio e minaccia di sconvolgere il vivere quotidiano dell’intera famiglia, Leo esce promosso da un esame di coscienza e decide che è arrivato il momento di far ragionare la sua interlocutrice.

Ed Emmi? Ma sì, pensa la nostra Emmi, poco male se mi può scappare una seduta di equilibrismo, un’innocente rotolatina sotto le coperte. Avventura, mio caro Leo! Ho un marito comprensibile. Immune alla gelosia; aperto di mente; di ultimissima generazione. Mi capirà, perché il mio matrimonio funziona!!! Capito, Leo-mostro-di-umorismo?

Per parafrasare il suo usus scribendi.

Il finale a sorpresa, comunque, ristabilisce l’equilibrio e testimonia l’esistenza del karma.


Stile accattivante ma uniforme

Da ultimo, qualche considerazione sullo stile. Lo stile spigliato di Le ho mai raccontato del vento del Nord?, combinato alla trama lineare come un fuso, condensa il tempo di lettura a qualche ora nel pomeriggio, il che è un bene, data la scarsità di contenuto. Ma ha un difetto: Emmi e Leo parlano – o forse è meglio dire “scrivono” – con lo stesso timbro di voce. Hanno personalità e trascorsi che non potrebbero essere più distanti, eppure i loro stili di scrittura sono indistinguibili l’uno dall’altro. Che cosa intendo?

A: ohilà caio ti butta bene? io son giorni che c’ho questo mal di testa che se non sparisce non so che cosa faccio. stasera rigruppata, ti passo a prendere alle 9 ti va?
B: Ciao, Tizio! Qui tutto bene, tu? Mi spiace per il mal di testa, hai provato a sentire un medico? 

Ora eliminate le maiuscole introduttive e rileggete le due frasi.

ohilà caio ti butta bene? io sono giorni che c’ho questo mal di testa che se non sparisce non so piu che cosa faccio. stasera rigruppata, ti prendo su alle 11 ti va?
Ciao, Tizio! Qui tutto bene, tu? Mi dispiace per il mal di testa, hai provato a sentire un medico?

Questi sono stili personali e distinguibili. Dalle differenze siamo in grado di intuire informazioni non dette: Tizio deve aver ritagliato qualche aeroplanino di troppo dalle pagine del libro d’italiano; il modo di esprimersi di entrambi fa pensare a un’età da scuola media o superiore. Culture diverse, personalità diverse = stili diversi.

Scegliete a caso qualsiasi e-mail fra Emmi e Leo e non riuscirete a risalire alla mano che ha digitato il messaggio.


Per concludere

Classico libro con cui ammazzar la noia mentre si è stesi sulla sdraio ad accumulare melanina. La trama elementare si presta alla lettura a più riprese fra una nuotata e l’altra. I cinici troveranno, sulle note finali, parecchio materiale su cui gongolare di piacere.

Stellina per recensioni.
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La lepisma libraia