[Recensione] “L’uomo di Marte” di Andy Weir

Copertina de L'uomo di Marte.

Avete puntato il naso all’insù il 27 luglio scorso? Se sì, avrete forse notato un puntino luminoso poco sotto alla Luna di sangue. Non una stella, bensì un pianeta: Marte, per la precisione, il pianeta dove si svolge molta dell’azione de L’uomo di Marte di Andy Weir. Rispolveriamo il microscopio e sottoponiamolo a scrutinio sul vetrino, vi va?

Titolo: L’uomo di Marte
Autore: Andy Weir
Genere: fantascienza
Editore: Newton Compton
Pagine: 380

Mark Watney è stato uno dei primi astronauti a mettere piede su Marte. Ma il suo momento di gloria è durato troppo poco. Un’improvvisa tempesta lo ha quasi ucciso e i suoi compagni di spedizione, credendolo morto, sono fuggiti e hanno fatto ritorno sulla terra. Ora Mark si ritrova completamente solo su un pianeta inospitale e non ha nessuna possibilità di mandare un segnale alla base. E in ogni caso i viveri non basterebbero fino all’arrivo dei soccorsi. Nonostante tutto, con grande ostinazione Mark decide di tentare il possibile per sopravvivere. Ricorrendo alle sue conoscenze ingegneristiche e a una gran dose di ottimismo e caparbietà, affronterà un problema dopo l’altro e non si perderà d’animo. Fino a quando gli ostacoli si faranno insormontabili…


L’uomo di Marte: la recensione

L’uomo di Marte è una partita a Robinson Crusoe in modalità hardcore.

Su Marte non c’è alcun Venerdì a tendere una mano al nostro Mark Watney, né alcun clima adatto alla vita più elementare come quella degli organismi monocellulari. Non c’è voce umana che gli faccia vibrare il timpano, se non quella dei suoi monologhi; nessun suono, se non il ronzio di un motore o il fischio di una tempesta di sabbia che agita il telo dello hab. Nessuno, se non la fotocamera di un computer, che lo osservi spegnere candeline infilzate sull’ultima patata conservata in dispensa.

Non c’è nessun altro essere umano lì con lui, perché gli amici lo hanno decretato morto (erroneamente) e abbandonato su un pianeta alieno.

Se si rompe l’ossigenatore, Mark soffocherà. Se si inceppa il depuratore dell’acqua, morirà per disidratazione o contaminazione batterica. Se dà fondo alle scorte di viveri, si estinguerà nella lenta agonia di una morte per inedia. Il tasso di sopravvivenza su Marte, un’amena località di villeggiatura in cui tira aria densa di micidiale anidride carbonica, sarà direttamente proporzionale alla percentuale di voci non spuntate in una checklist di fatali incidenti. L’avvento di Ares 4, la prossima missione marziana sul calendario che porterà sul pianeta un nuovo carico di bipedi a base carbonio, luccica all’orizzonte come il miraggio di un’oasi nel deserto.

Mark Watney è, per dirla con parole sue, spacciato di brutto.


Venghino, lor terrestri, venghino

Mark Watney è spacciato perché Marte non è suo amico, bensì una landa arredata di rocce e crateri e ricoperta da strati di ossido di ferro che ostacolano qualsiasi impulso alla vita. A nulla valgono gli anatemi della NASA quando, in seguito a una tempesta di sabbia di dimensioni colossali, si vede costretta ad abortire Ares 3 per non immolare i suoi astronauti al dio della guerra.

Con le centinaia di milioni di dollari stanziati per finanziare la missione, Marte si soffia il naso. Sebbene i venti marziani, in virtù della minore pressione atmosferica, non siano così travolgenti come quelli terrestri, accade abbastanza spesso, infatti, che si sviluppino tempeste globali da adombrare tutta la superficie del pianeta e da minacciare un’ipotetica missione con equipaggio. L’ultima tempesta registrata, con grande scorno della comunità astronomica internazionale, ha imperversato appena qualche settimana fa. Strascichi dell’evento sono visibili tutt’oggi.

Marte, insomma, non è in vena di collaborare al progresso scientifico dell’umanità e sarà compito di Mark addomesticare il riottoso pianeta rosso. A suon di esplosioni, geniali espedienti e momenti di sconforto che Mark confessa al diario di bordo della missione, L’uomo di Marte descrive così la lotta per la sopravvivenza che vede salire sul ring un essere umano contro un intero pianeta.

Il cronista Andy Weir non risparmia al lettore colpo alcuno e sciorina con estremo realismo e (sovr)abbondanza di dettagli il ragionare scientifico che spinge Mark ad allungare il guantone destro anziché quello sinistro, a concedersi una pausa riflessiva sullo sgabello per individuare una breccia nella pelle coriacea dell’avversario. Il romanzo, in tal senso, si gusta al meglio con un’infarinatura di chimica, ed è forse questo il suo unico difetto.


Quei guardoni della NASA

Nel suo Destinazione spazio, recensito qui, Neil F. Comins illustra le principali attrazioni turistiche di un futuro in cui l’umanità partirà a razzo per Marte con l’assiduità e la naturalezza con cui oggi si imbarca su un Boeing alla volta di New York o del Giappone. Il numero di potenziali pericoli marca stretto quello dei divertimenti, perciò non tutto è oro ciò che brilla… né gli astronauti, o l’astronauta, nel nostro caso, sono perduti.

Al quartier generale della NASA, infatti, una dipendente dagli occhi di falco corruga la fronte. Ci sono delle incongruenze nelle immagini satellitari provenienti dall’orbita di Marte, a più di cinquanta milioni di chilometri di distanza. Le alternative sono due: o lo hab ha acquisito vita propria oppure l’equipaggio della missione Ares 3 ha lasciato a piedi un membro del gruppo che si pensava perso per sempre.

Indovinate qual è delle due?

Mentre Mark si impegna a non morire nell’immediato e sopravvivere nel lungo periodo coltivando patate fertilizzate a escrementi umani, il lettore ha modo di gettare un occhio a ciò che succede sulla Terra. Si scopre, infatti, che alla NASA stanno nascendo figure preposte a vigilare su ogni respiro di Mark davanti a un LCD e a una tazza di caffè…


La società oltre la scienza

Mark ancora non lo sa, perché gli ci vorrà un po’ per sintonizzarsi sulle frequenze di comunicazione del nostro pianeta, ma tutta l’umanità tifa per lui e il suo ritorno a casa. Per chi si trova in campo a giocare la partita, uno striscione di incoraggiamento può determinare la differenza tra la resa e il contrassalto.

Spogliato della sua componente fantascientifica, L’uomo di Marte è insomma una storia sul carattere universale dell’altruismo. Nazioni nemiche-amiche si stringono la mano in uno storico atto di cooperazione. Persone di tutte le etnie ed età convergono verso maxischermi installati nelle piazze di tutte le città del mondo o si stringono la mano in cerca di supporto morale. L’equilibrio tra le forze in gioco è ristabilito: per un solo essere umano, ecco che si mobilita un intero pianeta. Sembra che lo scontro non sia così impari, dopotutto, e che Mark sia lungi dall’essere abbandonato al proprio destino.


Per concludere

Un ottimo romanzo di fantascienza, con personaggi credibili e uno stile necessariamente leggero e umoristico che mitiga la monotonia della vita forzata su Marte. Non guasta la lettura l’aver già visto The Martian, il film ispirato al libro, malgrado la sua alta fedeltà all’originale: viene automatico fare un confronto tra i due.

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Mezza stellina.

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[Recensione] “Destinazione spazio” di Neil F. Comins

Copertina di Destinazione spazio.

Sono solo sette i ricconi che ad oggi han potuto godere del privilegio di una vacanzina suborbitale (fonte: Wikipedia) dietro pagamento di cifre non esattamente abbordabili, perciò l’idea di una guida di massa per aspiranti turisti spaziali suona un po’ prematura. Ma è per questo che esiste il condizionale. Se fosse possibile trascorrere le ferie su Marte, quali sarebbero le attrazioni da visitare, quali le trappole da evitare? Le mete spaziali sono parecchio lontane: quali sono le regole per una pacifica convivenza insieme ai compagni di astronave?

Sognare e congetturare, in fondo, sono attività alla portata di tutti i portafogli. E Destinazione spazio soddisfa, nell’arco di duecento pagine, tutta la nostra curiosità di vagabondi. Vediamolo assieme.

Titolo: Destinazione spazio. Una guida per coloni e turisti
Autore: Neil F. Comins
Genere: scientifico
Editore: Hoepli
Pagine: 238

Se avete sempre sognato di viaggiare nello spazio, ora avete l’opportunità di capire questa esperienza come mai prima. Il viaggio nello spazio e addirittura l’emigrazione verso mondi vicini potrebbero presto diventare parte dell’esperienza umana. Scienziati, ingegneri e investitori stanno lavorando alacremente per rendere reali il turismo e la colonizzazione spaziale. Gli astronauti ci raccontano come un viaggio extraterrestre sia incredibilmente avventuroso, ma per godere in pieno di questa esperienza occorrono una serie di adattamenti fisici e mentali praticamente in ogni aspetto della vita, da come ci si muove a come si mangia. Chiunque vada nello spazio vede la Terra e la vita sul nostro pianeta da una prospettiva radicalmente diversa rispetto a prima del decollo. Neil F. Comins, astronomo e scienziato della NASA/ASEE, ha scritto questo libro per tutti gli interessati all’esplorazione spaziale. Descrive le meraviglie che i viaggiatori incontreranno – l’assenza di peso, i panorami mozzafiato della Terra vista dal cosmo, l’opportunità di camminare su altri mondi – e insieme anche i pericoli: radiazioni, proiettili, atmosfere irrespirabili, malfunzionamenti potenziali dell’attrezzatura. Al tempo stesso, racconta in dettaglio alcuni viaggi particolari verso destinazioni come stazioni spaziali, la Luna, gli asteroidi, le comete e Marte – il candidato principe per la colonizzazione. Sebbene ci siano molte difficoltà tecniche, Comins le spiega con un linguaggio chiaro per ogni lettore, riassumendo i punti chiave dello stato dell’arte in astronomia, fisica, biologia, psicologia e sociologia in un manuale di viaggio davvero completo.


Destinazione spazio: la recensione

Comins si scalda i muscoli con una panoramica del nostro Sistema Solare: ci presenta i più papabili candidati del turismo spaziale del futuro, asteroidi e comete in orbita attorno al nostro pianeta, e introduce i concetti di radiazione elettromagnetica e forza gravitazionale in uno stile un po’ sterile e accademico, ma accessibile a chiunque conosca l’alfabeto. L’unico conteggio, infatti, è quello dei numeri di pagina.

Se siete negati con la matematica e temete che questo libro trascenda le vostre capacità di comprensione, vi posso tranquillizzare: è una guida per profani totali ed è infarcita di un sacco di dettagli interessanti. Lo sapete che le comete hanno due code, l’una di polveri e l’altra di gas, e che quest’ultima coda punta sempre in direzione opposta al Sole?

È dal capitolo 2 in poi che lasciamo il territorio già calcato e ricalcato da altre opere di scienza per addentrarci nel futuro ipotetico. Si dice che l’universo sia infinito, ma carburante, ossigeno e viveri, ahimè, si esauriscono in fretta. A qualche decennio da ora, fin dove saremo in grado di spingerci nel nostro vicinato cosmico? Presto detto: potremmo sperimentare l’assenza di gravità in un volo suborbitale di pochi minuti, orbitare per qualche giorno attorno alla Terra sulla scia della Stazione Spaziale Internazionale, emigrare qualche settimana sulla Luna o fare un “astrostop” di qualche mese sull’asteroide 2010 TK7. Per la gioia dei cosmopoliti più agguerriti ed estremisti, potremmo addirittura raggiungere uno sviluppo tecnologico tale da spianare la via alla colonizzazione di Marte e delle sue lune.


Test fisici e psicologici? Perché?

Interrotta è la lettura di Destinazione spazio, spalancata è la bocca della valigia che ha fame dell’attrezzatura indispensabile a un lungo viaggio: giochi di società, libri, cellulare e – guai a dimenticarla! – macchina fotografica. L’adrenalina vi ha preceduti ed è già schizzata alle stelle, ma ecco l’intoppo, il segnale di STOP! che vi impone di inchiodare e riaprire il libro.

Il turismo spaziale, insegna Comins, nasconde molte insidie. Dalle avarie dei motori ai detriti spaziali che, sfuggiti alla prevenzione dei radar, aprono un buco nel telaio dell’astronave, dalle differenze culturali e linguistiche coi vostri compagni alle difficoltà di adattamento alla vita in microgravità… c’è tutta una ridda di potenziali problematiche dei voli interstellari che il nostro entusiasmo ci impedisce di affrontare con la dovuta prudenza. Se il nostro corredo genetico ci esponesse a un più alto rischio di contrarre determinate patologie? Se il primo giorno di volo ci inimichiamo metà dei nostri compagni di viaggio? E come ci proteggiamo dalle radiazioni cosmiche, di cui è intriso lo spazio profondo? E se ci si caria un dente? A quanto pare, nello spazio i batteri della nostra bocca si riproducono fino a cinquanta volte più velocemente che se fossimo sulla Terra. Un solo appuntamento mancato col rituale del dentifricio potrebbe decretare la morte di un molare…

Sono queste e tante, tantissime altre le questioni che Comins approfondisce (forse anche troppo, ai limiti del pessimismo) nei capitoli al cuore del libro, prima di suggerire come trarre il meglio dalla nostra esperienza e nutrire la nostra fantasia con suggestivi scatti della geologia della Luna e del pianeta rosso. Come garantire l’approvvigionamento di cibo, acqua e ossigeno a eventuali coloni su Marte? Faremo uso di astronavi cargo o coltiveremo le verdurine in serra? Questo bel sassolino del suolo lunare farebbe un figurone sulla mensola del mio camino, aspetta che me lo intasco. Insomma, Comins non lascia nulla al caso e a ogni pagina arricchisce la nostra conoscenza di ciò che si trova ben al di sopra delle nuvole.


Deformazione professionale nella fiction

Succulenti, infine, i bocconcini battezzati Scienza e fantascienza, volti a sfatare alcune trovate tecnologicamente o fisicamente improbabili di film e romanzi sci/fi.

L’aria è tenuta intorno alla Terra dall’attrazione gravitazionale che il pianeta esercita sugli atomi e le molecole dell’atmosfera. Questa massa di gas preme su ogni cosa presente sulla superficie della Terra con una pressione media di 100 kPa. Tuttavia, i nostri corpi si sono evoluti in modo tale che non sentiamo la pressione dell’aria mentre ce ne stiamo seduti in una stanza a finestre chiuse. Sentiamo la pressione dell’aria quando c’è il vento: maggiore è la velocità del vento, più forte la pressione. Intorno a Marte c’è meno aria che nella nostra atmosfera, così la pressione normale è di soli 0,06 kPa, 160 volte meno di quella terrestre. Ciò significa anche che quando soffia il vento su Marte, la pressione che avvertiamo è minore di quella esercitata dai venti terrestri. La pressione atmosferica marziana equivale allo 0,6 per cento di quella terrestre. Così, un vento su Marte a 160 km/h è percepito come uno terrestre a 16 km/h e una grossa tempesta sul pianeta rosso non sarebbe affatto in grado di spazzare via una persona, come si vede nel film The Martian.

Vi lascio con un’altra citazione del libro che si presta a parecchi spunti di riflessione. L’artwork è invece cortesia di DeviantArt.

[…] l’esperienza più importante di tutte sarà forse l’aver visto la Terra come un tutt’uno, in un modo incredibilmente più completo di come apparve a me dalla cima del Monte Rigi. Quella visione, le ore e ore passate a osservare, vi cambieranno, cambieranno tutti. Quale meraviglia è vedere il mondo intero da un finestrino, dal profondo dello spazio, specialmente se quel mondo è casa vostra, la Terra. […]

È la consapevolezza che là sotto c’è casa. La vostra casa, la vostra famiglia, l’origine della vita come la conoscete. La vita è cominciata su quella palla azzurra, marrone e bianca che vi sta di fronte fuori dal finestrino, che brulica delle cose più complesse, belle, uniche e interessanti che esistano nell’universo conosciuto.

Considerare la Terra come un’entità sola proprio come la vedete nello spazio vi porterà a chiedervi come sia possibile che la gente sulla superficie abbia una visione tanto ristretta sul pianeta, la vita, tutto. Vi domanderete perché non riusciamo a vivere insieme senza ferirci, senza offenderci.


Per concludere

La teoria dei viaggi spaziali condensata in un volumetto dal linguaggio chiaro, con qualche deriva prolissa che gli sottrae il voto pieno. Abbondante è il cibo per il nostro pensiero: chissà se compieremo il grande salto dal dire al fare nell’arco di qualche decennio?

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